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Rassegna Stampa – Sole 24ore 25/08/2023

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Calzature, distretto di Fermo in crescita con Francia e Spagna

Esportazioni in aumento del 16,5% nel 2023, ripartono anche le vendite in Russia Le 1.100 aziende del settore a caccia di risorse umane per smaltire gli ordini. Di Michele Romano

 

«Dobbiamo rivedere l’immagine di chi lavora nelle aziende, anche nel calzaturiero: in troppi temono che non ci siano possibilità di crescita professionale ed economica svolgendo certe mansioni, che sia l’orlatore o il premontatore ad esempio». Fabrizio Luciani, da poco più di un anno presidente di Confindustria Fermo, ne fa una questione di sopravvivenza e non solo del settore, che nel distretto conta poco più di 1.100 aziende (il 30% del totale della calzatura italiana) e quasi 17 mila addetti (il 23,3% degli occupati complessivi). «Non possiamo solo lamentarci della mancanza di figure idonee, ma piuttosto essere i primi a metterci in gioco, ad aprirci e a contribuire al sistema educativo», aggiunge. Così, l’investimento su due corsi, in collaborazione con la Regione Marche, dev’essere considerata una soluzione a breve termine, perché nel lungo periodo i calzaturieri pensano a nuovi progetti di orientamento, a partire dalle scuole superiori di primo grado, con percorsi anche per famiglie e docenti. In parallelo si lavora a costruire altri due percorsi capaci di favorire il passaggio all’industria 5.0, «processo che tutto il manifatturiero deve intraprendere» e che ha in Dami, produttore di fondi per calzature, un esempio pioneristico: il primo passa per un istituto di specializzazione tecnica dedicato, per il quale c’è un confronto sui percorsi aperto con il governo, c’è il pieno sostegno della Fondazione Its di Fermo guidata da Andrea Santori (titolare di un’azienda di pellami, ndr.) e può contare su tassi di occupazione in uscita particolarmente alti; l’altro ha un impatto immediato, perché fonda sul Digital Innovation Hub di Confindustria Marche, struttura nata per supportare le imprese nei percorsi di evoluzione e in grado di mettere a disposizione del calzaturiero big data, realtà aumentata, robot collaborativi, additive manufacturing, cloud, «tecnologie che possono rendere più efficienti i processi produttivi, migliorando anche i sistemi di approvvigionamento e della logistica». Dopo il periodo buio del Covid, durante i quali le imprese hanno perso solo nei primi sei mesi del 2020 oltre il 20% delle esportazioni, i numeri hanno segnato una ripresa significativa in particolare della vocazione all’export. Quello della calzatura fermana torna a essere il primo distretto delle Marche per fatturati all’estero: 1,65 miliardi nel 2022 e già 467 milioni nel primo trimestre di quest’anno, con una crescita tendenziale del 16,5% (pari a +66 milioni). Il contributo maggiore è giunto dalla Francia (+25,6%, con 90 milioni in più rispetto gennaio-marzo 2021); tra i principali mercati in crescita ci sono Russia (+64,5%), che nonostante la crescita delle esportazioni negli ultimi due trimestri, possibile solo grazie alla vendita di prodotti di fascia medio-bassa, non recupera il crollo degli ultimi anni (-35,5% nel 2022 rispetto al 2019), Spagna (+31,2%), Hong Kong e Turchia. È l’India, invece, il mercato del futuro: ne ha parlato a New Delhi, durante le giornate del Summit G20 Young Entrepreneurs Alliance, Gianni Gallucci, imprenditore calzaturiero e presidente degli under40 di Confindustria Fermo: «Il settore in quel Paese sta maturando – spiega – tanto che è arrivata anche una stretta alla certificazione BIS (Bureau Indian Standard, ndr.) e un’azienda italiana che esporta dovrà superare una severa ispezione in fabbrica da parte di un responsabile indiano del Foreign Manufacturers Certification Department (FMCD), che certificherà se i prodotti possono essere importati o meno». Una stretta dovuta alla forte crescita della manifattura interna, che vede al primo posto le produzioni di calzature e pelletteria. A trascinare il trend delle esportazioni sono comunque le fasce alte e del lusso. Ragione per cui diversi brand di culto che presidiano questi segmenti hanno scelto di investire proprio nel Fermano, sullo stesso terreno sul quale operano da anni e con successo marchi come Tod’s, Lattanzi, Bottega Velasca, Agl Shoes delle sorelle Vera e Sara Leombruni, Santoni, Doucal’s, sulla scia di Valentino, CK, Cavalli e Richmond, che sono da anni di casa a Montegranaro: Loro Piana produce le iconiche White Sole a Porto San Giorgio, Fendi è approdato a Campiglione ed ha appena concluso una masterclass, in accordo con l’istituto professionale locale, per 15 giovani ai quali sono state trasferite competenze artigianali; Chanel ha acquisito il tomaificio RM di Monterubbiano; Woorlich è attivo a Torre san patrizio. Si muovono anche i fondi, che per ora si sono limitati a sondare possibili acquisizioni, purché legate alla transizione green e a progetti di industria 5.0, che il governo Meloni intende favorire attraverso un Piano di investimenti. In vista dell’autunno però, il rischio è che le griffe internazionali, continuando ad acquisire manodopera locale, mettano ulteriormente a nudo la debolezza del settore, incapace di garantire il ricambio in tempi stretti. “Quella di una sorta di calciomercato degli operai è una visione miope – sottolinea il presidente Luciani -: è più funzionale una collaborazione tra i big e le piccole realtà del nostro distretto, un dialogo per creare una forma di sviluppo differente». © RIPRODUZIONE RISERVATA.

 

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28/08/2023

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